“il falco” numero 9 gennaio-febbraio 2005
IN QUESTO NUMERO
“il falco” è giunto al suo terzo anno di pubblicazione, e rilancia alla grande con una serie di articoli davvero molto ricchi. Chi l’avrebbe mai detto che la danza fosse anch’essa un metodo per la cura della vista? Ce lo suggerisce il Dott. Bates, e a ragion veduta, perché semplicemente egli riporta le informazioni che i suoi stessi pazienti gli hanno passato, nel confermargli che il ritmo e il dondolìo tipici del ballo sono di grande beneficio per gli occhi. Come per tutti gli articoli di “apertura” della nostra rivista, abbiamo pubblicato la copia anastatica originale di questa pagina breve, per chi volesse verificare la bontà della nostra traduzione ma anche cimentarsi con la lingua inglese per cogliere la vera originalità delle parole del nostro amico medico. Il quale va al di là della mera fisiologia e tocca importanti implicazioni anche filosofiche e spirituali nel secondo articolo, in cui dimostra che i limiti della visione sono stati decisi del tutto arbitrariamente dalla classe medica, e rivela che ai veri ricercatori di vista perfetta tali limiti vanno ben stretti: la visione è oltre ai limiti fisici della costituzione anatomica della retina, afferma Bates. Nell’articolo sono esaminati nei dettagli i fatti della vista perfetta relativi a: campo visivo, cecità notturna e diurna, cecità ai colori, dimensione degli oggetti visti, trattamento, aloni. Il terzo articolo affronta un tema scottante: l’ipermetropia negli scolari. Laddove ancora oggi l’unica risposta dei professionisti del settore oculare è “occhiali” davanti a un genitore preoccupato per le cattive abitudini visive del figlioletto, il Dott. Bates esamina cause e cura di questo insidioso difetto che è molto più presente nelle classi scolastiche rispetto alla miopia, e anche molto più difficile da sopportare e da curare. Come al solito, la soluzione avanzata è quella del rilassamento e del riposo attraverso l’allenamento mentale con la Tabella di Controllo di Snellen. Ma forse il più importante di tutti gli articoli scritti da Bates è quello intitolato “Buon Senso” (dall’americano Common Sense), nel quale viene ripetuto, utilizzando anche riflessioni filosofiche, che memoria, visione e immaginazione sono tre facoltà collegate e sovrapposte che esistono perfettamente solo in uno stato di perfetto rilassamento mentale, nel quale l’una stimola e vivifica l’altra continuamente. Dato che per spiegare queste verità “spirituali” il linguaggio non serve, il paziente deve ricorrere al suo buon senso e cercare di capire per sé che cosa fa di sbagliato quando usa male gli occhi e non ci vede bene. Ricollegandosi all’importanza dell’ambiente scolastico quale fucina di vista imperfetta, Emily riporta un caso molto interessante di ritardo scolastico annullato grazie alla cura della vista senza occhiali. Questo articolo apre interessanti implicazioni che approfondiremo nel prossimo numero. Per la serie dedicata alle fiabe della vista perfetta, ci viene raccontata la storia di un soldatino di latta che si esercita nel tiro al bersaglio applicando il princìpio della centrale fissazione. Curiose implicazioni psicologiche nell’articolo successivo, che parla di come l’interesse per le cose osservate sia alla base di una vista buona. Per la serie dedicata alla Better Eyesight League, riportiamo alcune pagine che danno l’idea al lettore moderno del grande lavoro che negli Anni Venti si faceva per propagare al maggior numero possibile di persone la possibilità di una Nuova Oftalmologia che potesse sostituire il vecchio e sbagliato metodo degli occhiali, per garantire benessere ed efficienza a tutti. Nella seconda parte, pubblichiamo una lunghissima intervista ad una formidabile nostra lettrice e abbonata della prima ora, che ha finalmente raggiunto un grado di vista che va ben oltre alla “normalità” avendo debellato una miopia piuttosto seria che durava da quarant’anni. I casi come questo si stanno moltiplicando e testimoniano che il Sistema Originale di Bates è una cura perfettamente seria e scientifica e non teme fallimenti, se il “paziente” mette in gioco se stesso per guarire veramente. Per chiudere, pubblichiamo, in forma anonima, la prima parte di una serie di messaggi ricevuti dal Direttore nel mese di febbraio; da queste righe, scritte da persone di tutti i tipi e perciò estremamente interessanti, arriva la conferma di una esigenza che oramai è acclarata da tempo: il pubblico vuole sapere la verità!
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